UN BOZZETTO IN MARMO dello Scultore GIUSEPPE SAMMARTINO?

UN BOZZETTO IN MARMO dello Scultore GIUSEPPE SAMMARTINO?

 

 

 

UN BOZZETTO IN MARMO dello Scultore GIUSEPPE SAMMARTINO?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Chi ha avuto modo di visitare la splendida Mostra "Il Cristo svelato. La Pietà di Gerolamo Troppa", tenutasi in ALATRI (FR) dal 4 maggio al 17 giugno 2018 (vedere apposito articolo), non ha potuto non soffermarsi su un'altra straordinaria piccola opera marmorea esposta: una scultura settecentesca, raffigurante il Cristo deposto, che con molte probabilità potrebbe essere un bozzetto del celebre "Cristo velato" di Giuseppe Sammartino, situato nella Cappella S. Severo in Napoli.

Il piccolo capolavoro è stato prestato per tutta la durata della Mostra dal Notaio Carlo Fragomeni, illustre socio di questo Circolo, al quale ci siamo rivolti per avere maggiori informazioni sull'opera, cosa che ha fatto con estrema gentilezza.

Riportiamo con immenso piacere la sua relazione.

 

 

 

"La scultura in marmo grigio-chiaro con venature (cm 39x18x10) raffigura il Cristo deposto, disteso sulla schiena, il viso scarno, quasi una scheggia, la bocca socchiusa, la testa appena piegata sulla destra, adagiata fra la lunga chioma, su due morbidi cuscini ornati, agli angoli, con decorazioni a nappe.

Il volto, il torso, l'addome e le braccia sono senza velo, gli inguini, le gambe piegate e le caviglie, coperti da un panneggio leggero, quasi cera liquida che dilaga sopra il letto.

Sulla destra dei piedi ignudi, con le stimmate in evidenza, è posizionata la corona di spine e, nello spazio tra la corona e la mano destra, risaltano i tre lunghi chiodi, il martello dalla breve impugnatura e la tenaglia.

Le fattezze riflettono la psicologia immediata e vera dell'Autore per il grado di dolente naturalismo dell'espressione, che fa apparire il Cristo quasi ancora vitale.

E qui il pensiero corre alla capacità di sintesi del Maestro, la quale testimonia la asistematicità della sua Arte "che si sottrae ad ogni soverchio approfondimento classicistico" (Teodoro Fittipaldi).

Tale interpretazione, correlata ad una decodificazione arbitraria non meno che filologica, dei simboli della tenaglia e del martello, condurrebe a scoprire una firma d'Autore nelle due impugnature delle quali una raffigura la "G", prima lettera del prenome, e l'altra una "S", prima lettera del cognome, nonché un martello, dalle breve inedita impugnatura, sovrapposto al centro della tenaglia, con un segno di legame incrociato sopra l'innesto, quasi a suggerire una lettura di continuità del cognome e la sua abbreviazione, e quindi la firma (ovviamente il martello non è presente nella scultura grande del Cristo Velato del museo data la sua superfluità per la notorietà dell'Autore).

Se poi consideriamo:

1) che non c'è univocità di giudizio tra i maggiori studiosi e critici d'arte (T. Fittipaldi e Ursula Shlegel) che si sono cimentati nell'individuazione della partenità del bozzetto in terracotta autentico del Cristo Velato di Giuseppe Sammartino della Cappella Gentilizia San Severo di Napoli – Museo Nazionale, giacché l'opera in terracotta, anch'essa ivi esposta, pare non sia un bozzetto, ma un modello dello stesso Sammartino eseguito dopo l'opera maggiore in marmo e, se è un bozzetto, esso risulta attribuito allo scultore veneto Antonio Corradini (Shlegel);

2) che, ad oggi, si è ancora in attesa del ritrovamento sammartiniano in terracotta, allora non possiamo escludere o almeno non riteniamo temeraria l'ipotesi che l'opera oggetto della presente relazione, possa costituire essa stessa il ritrovat bozzetto del Cristo velato ancorché in marmo, coerentemente a quella asistematicità, propria del Maestro napoletano.

 

Per quanto attiene alla proprietà ed alla provenienza dell'opera, il sottoscritto, assumendone piena responsabilità, dichiara quanto segue:

nel "Libro dei Forestieri del 1791, del D.D. Ercole Mayera di Querceto Albanese", (ora Cerzeto), custodito, insieme al libro di cui appresso, nella biblioteca di famiglia, alla pagina n. 38, trovasi riportato un credito del suddetto Ercole Mayera (titolare di una cassa di prestiti), nei confronti del signor don Vincenzo Caputi, Duca di Torano.

Nel successivo "Libro di esigenza del 1803 di Cerzeto e Forastieri appartenente al signor Don Raffaele Mayera", alla pagina n. 55, trovasi riportato un altro credito del signor Raffaele Mayera (titolare della stessa cassa di prestiti), nei confronti del signor Don Gioacchino Caputi, Duca di Torano (ora Torano Castello). I due Comuni si trovano in provincia di Cosenza e distano tra loro appena 15 Km.

Non è dato determinare l'ammontare del credito ma si evince che trattasi di somma rilevante, mai restituita, seppure garantita, motivo per il quale appare attendibile che i Duca di Torano dessero in pagamento ai creditori miei avi, la scultura in marmo oggetto di questa relazione, unitamente ad altri beni mobili che denotano, per la finissima qualità di esecuzione, una provenienza qualificata da ambienti colti del Reame di Napoli, dove i Duchi Caputi di Torano avevano le proprie radici e le ricche dimore urbane.

Detti beni mobili, tra cui la scultura del Cristo, ora si trovano tutti in mio possesso, quale discendente di mia madre Vittoria Mayerà, (figlia di Ercole Mayerà – classe 1875), nata a Cerzeto il 10 ottobre 1910 e deceduta nella mia residenza di Veroli – Castelmassimo -Tenuta San Filippo, il Venerdì Santo dell'Aprile 2004.

Mio nonno Ercole Mayerà, più volte, da me studente, sollecitato a "raccontare" la storia della famiglia e del casato, più volte, prima di morire nell'anno 1959, mi parlò dell' "acquisto" della scultura dai Duchi Caputi di Torano Castello.

Ad oggi il castello è diruto e la dimora dei miei avi, egregiamente ristrutturata, donata al Comune di Cerzeto (CS) con destinazione museale e casa di riposo.

Per quanto sopra, il sottoscritto conferma l'attendibilità delle notizie fornite, la provenienza lecita dell'opera scultorea, e ne ha autorizzato l'esposizione nella mostra "Il Cristo svelato. La Pietà di Gerolamo Troppa", tenutasi in ALATRI (FR) dal 4 maggio al 17 giugno 2018, nella Chiesa degli Scolopi, in Piazza Santa Maria Maggiore.

L'opera è visibile, durante il periodo aprile/ottobre e su prenotazione, presso l'Abbadia San Sebastiano, dove ha sede, con fini di conservazione e valorizzazione del monumento storico e la sua conoscibilità attraverso attività squisitamente culturali, la Fondazione "L'Abbadia" di Alatri, di cui sono il rappresentante.

    Notaio Carlo Fragomeni"

     

    La relazione e le immagini presenti nell'articolo sono © del Notaio C. Fragomeni e della Fondazione "L'Abbadia".

     

    ANNOTAZIONI

     

    Giuseppe SAMMARTINO

    nasce a Napoli nel 1720 ed ivi muore nel 1793. Diviene allievo di Matteo Bottiglieri, un bravo scultore attivo dapprima a Salerno e successivamente a Napoli.

    Chiamato a far parte del gruppo di scultori e pittori per la realizzazione della Cappella Sansevero, voluta dal Principe Raimondo di Sangro, il Sammartino collabora con il famoso scultore veneto Antonio Corradini. Questi, maestro nell'eseguire figure marmoree velate ("La Pudicizia" 1752), è pronto ad esaudire il desiderio del Principe di creare "una statua di marmo scolpita a grandezza naturale, rappresentante Nostro Signore Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua".

    L'improvvisa morte del Corradini spinge il principe Raimondo ad affidare al Sammartino la realizzazione dell'opera. L'artista la esegue con tanta perizia da lasciare stupefatti i visitatori. Il "Cristo velato" (1753) viene da subito ritenuto uno dei maggiori capolavori scultorei del mondo.

    Divenuto famoso, lo scultore svolge sino alla morte un'intensa attività artistica.

     

     

     

       

       

       

      Il volto scarno del Cristo e la sua bocca socchiusa.
      La testa adagiata su due morbidi cuscini ornati, agli angoli, con decorazioni a nappe.
      Le gambe piegate e le caviglie coperte da un panneggio leggero.
      La tenaglia, il martello, tre lunghi chiodi e la corona di spine.
      Particolari simbolici della tenaglia e del martello.
      Veduta laterale della pregevole scultura.